Linguaggio e comunicazione creano le condizioni strutturali per produrre e riprodurre stereotipi e luoghi comuni funzionali a quella legittimazione sociale e culturale di cui godono i tantissimi casi di discriminazione e di violenza nei confronti di tutt* coloro che vengono riconosciuti ed etichettati come “Altro da noi”. In tal senso, tutte le forme di discriminazione si realizzano ad un primo livello, assolutamente fondamentale, che è quello del linguaggio e, più in generale, della comunicazione. Si tratta di una discriminazione in primo luogo semantica, legata ai concetti, alle parole ed ai loro possibili utilizzi (da considerarsi contesto e situazioni). E nell’affrontare il prisma degli stereotipi e dei luoghi comuni,dobbiamo evidentemente fare i conti con il carattere assolutamente complesso, arbitrario, convenzionale e ambivalente di tutti i sistemi di orientamento valoriale e conoscitivo, all’interno dei quali selezioniamo e realizziamo i nostri possibili comportamenti.e le nostre scelte…le nostre possibilità conoscitive. A ciò si aggiungano il preoccupante vuoto etico/degrado morale (su cui mi sono espresso più volte) e, al di là del quadro normativo (condizione necessaria ma non sufficiente), la debolezza dei codici deontologici e/o delle vecchie etiche dell’intenzione che, pur importanti, si dimostrano non più adeguati ad abbracciare la complessità della prassi comunicativa e informativa. Una prassi sempre più decisiva e condizionante rispetto ai processi di costruzione sociale della realtà. La stessa comunicazione pubblica deve fare i conti con la dimensione etica – non solo perché le normative e i codici professionali sono, lo ripeto, condizione necessaria ma non sufficiente – ma perché comunicare significa anche “formare”, condividere strumenti di analisi e operativi, creare le condizioni per la costruzione di un consenso sociale relativo ad istanze e problematiche sociali importanti, a maggior ragione nella prospettiva dell’interesse generale e della pubblica utilità; accompagnare il mutamento sociale e culturale, mediandone i conflitti e le criticità; ma anche, e soprattutto, avere responsabilità (concetto relazionale, come quello di libertà) verso i nostri interlocutori, nei confronti dei quali assumiamo un “impegno”. E, da questo punto di vista, oltre a prestare attenzione a non cadere nella ricorrente confusione tra mezzi e fini, occorre essere consapevoli che la questione non si pone soltanto in termini di “tecnica della comunicazione” (o insieme di tecniche). Importante, in tal senso, fornire ai decisori, e a tutti i soggetti coinvolti, gli strumenti necessari per progettare e valutare sempre meglio forme e modalità del comunicare, tenendo in considerazione valori e principi fondamentali ma, soprattutto, rafforzando la consapevolezza (formazione e responsabilità) che certa comunicazione può produrre, ri-produrre, alimentare proprio quegli stereotipi e quei luoghi comuni che tenta di decostruire. Nel campo specifico delle tematiche di genere e, più in generale, delle pari opportunità (ma l’analisi vale anche le altre tipologie di discriminazione) va sottolineato come, pur avendo la discussione pubblica fatto registrare significativi passi avanti, ci sia ancora molto da lavorare e su più livelli problematici, che riguardano da vicino educazione e istruzione (non mi stancherò mai di dirlo: scuola strategica) .Le varie forme di discriminazione godono ancora di un notevole livello di legittimazione e accettabilità sociale, questo sì ancor più inaccettabile! Stesso discorso per le problematiche riguardanti legalità e corruzione: la norma giuridica e le relative sanzioni – tante le leggi e le normative, forse troppe – sono essenziali ma non risolvono…consentono di gestire situazioni nel breve periodo secondo lo schema tradizionale emergenza-controllo-repressione; d’altra parte, fino a quando non si punterà su una strategia di lungo periodo, con i processi educativi e l’istruzione al centro, continuerà ad essere dominante (egemone) quella “cultura della furbizia” e dell’illegalità (tollerabile? accettabile?) e quella mentalità ancora così diffusa che porta a riconoscere, nelle regole e nei sistemi normativi, degli ostacoli alla propria autoaffermazione. In un Paese, peraltro, segnato (da sempre) da poca mobilità sociale verticale e da un familismo amorale (Banfield) più che diffuso. E non se ne viene fuori. Questione culturale!! Su un altro piano di analisi, carta stampata e media, con la loro “lingua” e i loro codici, per non parlare della pubblicità, fanno ancora largo uso di formule retoriche, topiche della narrazione, immagini, luoghi comuni che contribuiscono, talvolta inconsapevolmente, a rafforzare stereotipi non semplici da sradicare dal nostro sistema di orientamento valoriale e conoscitivo, proprio perché profondamente radicati nel modello culturale egemone e negli stessi processi educativi. Ragionare su linguaggio e comunicazione significa, pertanto, ragionare sulle basi dei modelli culturali e delle relative rappresentazioni/percezioni. Consapevoli, allo stesso tempo, che è sempre la cultura – in quanto soggetti dotati di coscienza – a fornirci gli strumenti per non accettare le cd. oggettivazioni culturali e metterne in discussione gli stessi presupposti di base.
LE FUNZIONI DELLA CULTURA (Dominici,2000) – punti che svilupperò nei prossimi post.
– La cultura è il miglior DISPOSITIVO di CONTROLLO SOCIALE (all’interno dei sistemi sociali e delle organizzazioni complesse)
– dà SIGNIFICATO alla REALTÁ SOCIALE (e all’AZIONE sociale), rendendola interpretabile – ciò che non rientra nei modelli interpretativi e/o negli schemi precostituiti diventa, in molti casi, in virtù dei processi di “ETICHETTAMENTO” e costruzione sociale, ANORMALE, DEVIANTE, IRRAZIONALE, (perfino) PATOLOGICO – PAURA dell’Altro e del DIVERSO – percezione di insicurezza
– COESIONE SOCIALE (CONFORMISMO prevale su ANTICONFORMISMO)
– ADESIONE AI MODELLI del GRUPPO di riferimento/Comunità
– CREAZIONE CONDIZIONI DI PREVEDIBILITÁ DEI COMPORTAMENTI
– RIDUZIONE DELLA COMPLESSITÁ
– GESTIONE DEL RISCHIO/INCERTEZZA/INSICUREZZA
MEDIAZIONE DEI CONFLITTI
PAURA/RISCHIO/CRISI/EMERGENZA legate a MANCANZA di CONOSCENZA o a conoscenza parziale
– ABITARE LA (IPER)COMPLESSITA’
LEGALITÀ, ANTICORRUZIONE, ETICA PUBBLICA
Approfitto per segnalare, in quest’ultimo contributo, l’importante conferenza sui temi della legalità e dell’anticorruzione, cui avrei dovuto partecipare come relatore, ma che purtroppo, con rammarico e mio malgrado, non mi vedrà presente. Molte le questioni in discussione trattate. Colgo l’occasione per ringraziare gli organizzatori e li rimando a nuove occasioni.Di seguito il link al programma dell’evento: