Non possiamo non iniziare la nostra riflessione segnalando l’inizio, tra poche ore, della XXV edizione del Forum della Pubblica Amministrazione (#ForumPa2014 #FPA14) che si terrà a Roma dal 27 al 29 maggio presso il Palazzo dei Congressi. Un evento estremamente importante e significativo a livello nazionale (e non soltanto) che, ogni anno, oltre al fare il punto della situazione per ciò che concerne i processi innovativi della PA, si pone diversi obiettivi, anche ambiziosi, strettamente legati alla capacità di condividere informazioni, conoscenze e “buone pratiche” riguardanti le organizzazioni complesse. Si punta a fare sistema nel tentativo di intercettare il cambiamento in atto e proporre strumenti funzionali ad una traduzione operativa delle questioni e delle istanze problematiche emerse. Un luogo in cui studiosi, esperti ed innovatori della PA si incontrano provando a produrre “sapere condiviso” (2003) e ad innalzare il livello di consapevolezza della complessità dei problemi. Il programma degli incontri e dei diversi eventi previsti è davvero vasto e articolato, creando solo il problema della scelta tra le varie tematiche affrontate.
Un percorso evolutivo lungo e complesso, quello della comunicazione pubblica e, più in generale, della Pubblica Amministrazione in Italia. Un cammino che ha portato con sé una vera e propria rivoluzione culturale, tutt’altro che completata, la cui matrice è (tuttora) costituita senza dubbio dalla Legge 241 del 1990 che, nonostante le molteplici criticità, ha di fatto costretto le pubbliche amministrazioni ad intraprendere la strada impegnativa (oltre che responsabile) della trasparenza e dell’accesso, segnando (forse) l’inizio della fine dei grandi apparati burocratici chiusi e inespugnabili. Sono stati anni – lo ricordiamo – in cui tali dinamiche hanno ricevuto un’ulteriore accelerazione dai fatti di Tangentopoli: in quel contesto, proprio la perdita di credibilità e di fiducia registrata da parte delle istituzioni e della Politica, ha favorito e reso più urgente la richiesta di una Pubblica Amministrazione più trasparente che avesse la forza e l’autorevolezza di uscire dalla torre d’avorio, abbandonando la vecchia cultura burocratica fondata sul segreto e sul silenzio, per presentarsi come “sistema aperto” ai cittadini. Si è andata progressivamente affermando una nuova concezione del comunicare – anche se il cammino è ancora lungo – all’interno delle pubbliche amministrazioni, che ha favorito senz’altro una ridefinizione dell’idea stessa di cittadinanza nel quadro di una rete di rapporti, generatasi con i cittadini e con gli altri stakeholders, sempre più strutturata e finalizzata alla ricerca di una relazione paritetica, trasparente e, possibilmente, senza ambiguità. Una nuova idea della comunicazione organizzativa (non soltanto) che implica, e richiede tuttora, la profonda consapevolezza che è proprio sul terreno della comunicazione – produttrice di trasparenza, semplificazione, accesso, condivisione (di informazioni e conoscenze) e, al vertice di questa piramide valoriale, inclusione – che si gioca evidentemente la partita più importante dei diritti di cittadinanza e del vivere democratico, cioè dell’essere “sudditi” o “cittadini” (come scritto anche in un altro post). Ma su questi principi (trasparenza e accesso), che devono trovare la loro traduzione operativa pur costituendo di fatto i valori fondanti del comunicare nel senso più ampio e più pieno del termine, si fonda anche l’architettura complessiva della società in rete, a maggior ragione in una fase di mutamento economico, politico, sociale e culturale così delicata. Un’epoca che, segnata dalla grave crisi economico-finanziaria internazionale, costringe ancor di più le PP.AA. a farsi volàno del cambiamento, assolvendo una funzione decisiva di mediazione delle nuove forme di conflittualità non soltanto sociale. Il “vecchio” spirito della 150/2000 è senza dubbio riconducibile ad un concetto essenziale di fondo: la comunicazione costituisce il pre-requisito fondamentale per la riduzione della complessità, la gestione del rischio, la mediazione dei conflitti, il governo di quella imprevedibilità connaturata ai sistemi stessi. Sistemi sociali e organizzativi sempre più vulnerabili e caratterizzati da una razionalità limitata che rende di vitale importanza la condivisione (efficiente ed efficace) di informazioni e conoscenze. In altri termini, l’economia interconnessa richiede scelte strategiche – perfino una nuova sensibilità etica, che vada oltre il quadro normativo e deontologico – per le problematiche riguardanti gli attori sociali (cittadini/consumatori), il sistema delle relazioni e lo stesso spazio del sapere: una sfida che non può e non deve trovare impreparate le PP.AA. e la Politica. Una sfida che richiede una nuova cultura nelle Istituzioni e nella società civile, con uno sguardo attento e focalizzato sulle forme della sussidiarietà.
Affinché tali obiettivi possano essere raggiunti, diventano decisivi la funzione di coordinamento e il pieno raccordo operativo, con una gestione efficiente ed efficace dei flussi di informazione a supporto degli uffici; evitando di commettere l’errore – lo ripetiamo ancora una volta – di pensare che il problema sia soltanto di natura “tecnica” e che la tecnologia risolva da sola ogni problema. Ancora una volta, l’organizzazione complessa deve farsi sistema e non semplice insieme di parti o strutture. In questa prospettiva, la P.A. potrà sviluppare un’adeguata struttura sistemica reticolare, definendo un modello organizzativo in grado di fronteggiare le esigenze sempre crescenti di interdipendenza e interconnessione, tipiche delle organizzazioni complesse e della società del web 2.0. Sono, pertanto, costanti e continui i richiami alla responsabilità anche per i vertici delle PA che devono impegnarsi nella sfida di una rinnovata ingegneria dei processi di comunicazione interna ed esterna, considerando gli strumenti “processi” da ricondurre al concetto di ecosistema. La comunicazione efficiente ed efficace – affiancata dagli strumenti della ricerca sociale e dal marketing – è destinata a mettere sempre più le pubbliche amministrazioni in condizione di intercettare bisogni ed istanze sociali, di acquisire informazioni sul territorio/contesto di riferimento e, conseguentemente, di intraprendere azioni e procedure estremamente finalizzate e calibrate sulle reali esigenze dei cittadini. Ma l’obiettivo è anche quello di una reale inclusione che porti al coinvolgimento dei cittadini nei processi decisionali. Torneremo su questi temi così importanti per il rilancio di un Paese, ancora in profonda difficoltà per ragioni non soltanto economiche.
Chiudo questo intervento con le parole di un Grande:
“Secondo la visione sistemica della vita, i sistemi viventi creano, o ricreano, ininterrottamente se stessi trasformando o sostituendo i propri componenti; pur mantenendo i propri modelli reticolari di organizzazione, affrontano continui cambiamenti strutturali. Comprendere la vita significa comprendere i suoi processi intrinseci di trasformazione. Quando comprendiamo con chiarezza fino a che punto e in quali modi le organizzazioni umane sono delle realtà viventi, il problema della trasformazione organizzativa si mostrerà sotto una nuova luce (…).Secondo la visione sistemica della vita, lo spontaneo emergere dell’ordine e le dinamiche dell’accoppiamento strutturale – che danno origine a quei continui cambiamenti strutturali che caratterizzano tutti i sistemi viventi – sono i fenomeni che stanno alla base dei processi di apprendimento. Abbiamo poi visto come, all’interno delle reti sociali, la creazione di nuove conoscenze sia una caratteristica chiave della dinamica della cultura. Unendo assieme queste intuizioni e applicandole all’apprendimento dell’organizzazione, siamo in grado di chiarire le condizioni sotto le quali hanno luogo l’acquisizione e la creazione di nuove conoscenze: potremo così ricavare delle importanti linee guida per il management delle organizzazioni odierne nelle quali la conoscenza, come abbiamo detto, riveste un ruolo centrale” (F.Capra, 2002)