Le nuove #Soggettività di fronte alla trasformazione antropologica

Una considerazione di carattere generale e metodologico sembra imporsi di fronte alla ricca messe di dati, osservazioni, descrizioni ed intuizioni profonde ricavate dalla sociologia, dalla communication research e, più di recente, dai social media studies: il problema è capire se la ricchezza dei risultati derivanti dalle indagini sociologiche (empiriche) ci consente di passare agevolmente dall’ambito dei fatti e delle descrizioni a quello delle scelte e dei valori.

La tradizionale contrapposizione tra fatti e valori, inaugurata dal pensiero weberiano, proprio grazie all’approfondirsi dei metodi di ricerca sociologica, pur di fondamentale importanza e tuttora insuperata, è apparsa improduttiva e aporetica, in buona parte, per un approfondimento dei temi politici ed etici.

Se si vogliono superare le posizioni antitetiche degli “apocalittici” e degli ottimisti “integrati”, non a caso soprannominati da Neil Postman “profeti con un occhio solo”[1], forse deve essere proprio riaperto il discorso metodologico di fondo incentrato sulla dicotomia tra fatti e scelte.

Non è un caso che il dibattito sull’eredità weberiana abbia interessato in modo particolare gli scienziati sociali e i teorizzatori contemporanei di etica come vedremo anche in seguito.

Tuttavia, si devono ricordare i temi, o per meglio dire i concetti analitici, intorno a cui ruoterà il nostro discorso legato alla possibilità/necessità di un approccio alla complessità e di un’etica per l’attuale ecosistema globale della comunicazione. Il primo tema si basa sulla constatazione della necessità di superare la divaricazione esistente tra fatti e valori, motivo principale per cui il dibattito in campo etico sul problema dell’agire in base a delle scelte eticamente corrette e/o responsabili, difficilmente giunge a delle conclusioni condivise dalla maggior parte degli studiosi: questo perché, sulla base delle evidenze empiriche riscontrate dalle tantissime ricerche su mass-media e social media c’è, comunque e sempre, la tendenza a schierarsi in una posizione favorevole o contraria nei confronti del problema, operando così delle valutazioni che spesso sono a priori e che, di conseguenza, non tengono conto di tutti gli elementi intervenienti nel fenomeno comunicativo.

Il secondo tema, o concetto fondamentale, a cui ci richiameremo è quello di trasformazione antropologica (ne abbiamo parlato già nel 1996): cioè, come già espresso in passato, attraverso le nuove tecnologie della comunicazione si è realizzato un complesso processo di evoluzione dell’individuo, che ha modificato la natura dell’agire umano e che ha mutato i suoi modi di conoscere la realtà, di adattarcisi e risolverne i problemi[2].

Tale processo, che non riguarda soltanto l’aspetto puramente biologico, si è rivelato come un fenomeno complesso di metamorfosi a livello antropologico, il cui punto di arrivo è rappresentato dalla nascita di un nuovo Soggetto/attore sociale e di un nuovo tipo di umanità, elemento fondamentale che già giustifica di per sé, in modo necessario e sufficiente, l’esigenza posta dalla nostra ricerca di una rivisitazione critica dei canoni tradizionali dell’etica.

Inoltre, non si può non tener conto del fatto che il nuovo individuo atomizzato deve confrontarsi, da un lato con una comunicazione totalizzante, arricchitasi di nuove straordinarie modalità comunicative e di nuovi codici, e dall’altro con una realtà, invece, sempre più tendente alla frammentazione, aspetto questo che per gli integrati è positivo, ma che è fortemente negativo per gli apocalittici.

Tuttavia, la nostra riflessione non può prescindere dalla considerazione di un altro aspetto centrale per il nostro discorso: nell’uomo-massa, nell’individuo multimediale (1996) e nella nuova socializzazione tutti i soggetti comunicanti, coinvolti nei processi della comunicazione globale, ci appaiono senza dubbio più autonomi e liberi nelle loro scelte e nei loro giudizi di valore.

Il processo di globalizzazione della comunicazione sta ridisegnando interamente gli scenari dell’economia, della politica e delle interazioni sociali. Le straordinarie innovazioni introdotte dalle tecnologie informatiche e dai media digitali sono sul punto di plasmare una nuova soggettività e di cambiare rapidamente il tipo di fruizione dei mezzi di comunicazione, orientandoli, da una parte, verso una radicale personalizzazione e, dall’altra, verso utilizzi più relazionali e indicativi di una socialità più o meno diffusa. Pertanto, tale fruizione sarà sempre di più legata a scelte individuali e personalizzate; secondo alcuni tutto ciò potrebbe anche segnare in maniera definitiva la fine della comunicazione di massa, ma anche l’affermazione di una nuova Babele digitale. Ciò nonostante, l’attenzione va posta sull’uso sociale dei media digitali e dei social networks cercando di individuare le nuove forme di relazionalità che, evidentemente, questi consentono. Facendo però sempre attenzione a non confondere comunicazione e connessione.

Tuttavia, proprio sul superamento di questo tipo di soggettività si fonda, a nostro giudizio, il discorso e la possibilità di una nuova etica della comunicazione, cui le scienze sociali possono fornire un valido contributo, dal momento che anche lo studio di un atto comunicativo deve necessariamente contemplare più livelli, così come ci hanno suggerito studi e ricerche fin dal secolo scorso; in particolare, il protagonista, e soggetto attivo, dello stesso atto comunicativo non è solo chi trasmette il messaggio, ma è soggetto attivo, con una propria identità e con una propria capacità di elaborazione e di pensiero, anche colui che il messaggio lo riceve.

Tutto ciò ci fa dedurre che, fin dall’inizio, l’attore sociale non è un soggetto singolo e che nell’atto comunicativo, anche originario, con l’altro scopre la sua identità e la sua più profonda umanità[3].

Quindi, l’individuo fin dall’inizio sembra essere già predisposto originariamente alla comunicazione e nella “situazione comunicativa” instaura liberamente con gli altri un rapporto interattivo, di reciproca influenza e confronto che, a seconda delle competenze possedute, risulta simmetrico o asimmetrico (Dominici 1996,1998 e sgg.).

Conseguentemente, a nostro avviso, il discorso riguardante l’etica della comunicazione nella società delle reti, sembra essere strettamente legato non tanto alla specifica natura di media e social media o alla loro presunta e straordinaria capacità di influenzare, manipolare l’opinione pubblica o creare reti/comunità di relazione, quanto piuttosto al concetto cardine di libertà, che è vitale non soltanto per chi opera nel mondo della comunicazione e dell’informazione; una categoria concettuale che implica necessariamente il problema della responsabilità. Una responsabilità probabilmente accresciuta dalle caratteristiche peculiari delle reti sociali e dalle dinamiche di produzione ed elaborazione delle informazioni e della conoscenza, ma che – lo ripetiamo – non riguarda la dimensione tecnica del comunicare.

 

Continua il nostro percorso condiviso “dentro” la Società Interconnessa…il nuovo ecosistema! Un percorso che ha bisogno di metodo, pensiero critico, sapere condiviso (2003), approccio alla complessità, prospettiva sistemica, competenze (percorsi di ricerca), valutazione rigorosa.

Consapevole che questo percorso non potrà mai svilupparsi fino in fondo se le comunità dei saperi, al di là degli straordinari processi di innovazione tecnologica, non si apriranno al confronto ed alla reciproca “contaminazione”, nella prospettiva fondamentale del bene comune e dell’interesse generale, vale a dire nella prospettiva di una concreta inclusione e di una eguaglianza delle opportunità di partenza. Ma servono anche organizzazioni (complesse) e reti progettate e realizzate come sistemi sociali aperti (Dominici)… Le leve di queste dinamiche complesse e di lungo periodo – saranno sempre, in primo luogo, la Scuola e, in secondo luogo, l’Università, variabili “strutturali” della cittadinanza e di una democrazia matura. Abbiamo bisogno, in tal senso, di “ripensare il contratto sociale” (2000) che rende possibile la coesione e l’evoluzione dei sistemi sociali.

 

[1] N. Postman (1992), Technopoly. The Surrender of Culture to Technology, trad.it., Technopoly. La resa della cultura alla tecnologia, Bollati Boringhieri, Torino 1993, p.12.

[2] Cfr. K.R.Popper (1996), Tutta la vita è risolvere problemi, Rusconi, Milano; K.Lorenz (1993), Vivere è imparare, TEA, Milano; si veda anche K.R.Popper, K.Lorenz (1996), Il futuro è aperto, Rusconi, Milano.

[3]  E. Lévinas (1972), Humanisme de l’autre homme, trad.it., Umanesimo dell’altro uomo, Il melangolo, Genova 1985; si vedano dello stesso autore anche: (1961), Totalité et infini. Essay sur l’extériorité, trad.it., Totalità e infinito. Saggio sull’esteriorità, Jaka Book, Milano 1977; E.Lévinas (1974), Autrement qu’être ou au-delà de l’essence, trad.it. Altrimenti che essere o al di là dell’essenza, Jaca Book, Como 1995.

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immagine: opera di Vasilij Kandinskij