“Prendersi cura”. La forza della Persone generose e il legame sociale.

Come sempre, al termine della riflessione, testi e percorsi di approfondimento ….”Fuori dal Prisma”

Come sempre, senza “tempi di lettura”

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Ogni tanto non posso non ricordarle e non posso non tornarci…

Anche se spesso non ne conosciamo i nomi, le identità, le storie, i vissuti, la sofferenza, hanno occhi, sguardi, volti profondi e pieni di luce. Ma, soprattutto, sanno “ascoltare”, mettersi in ascolto. Una dimensione complessa, vitale, del nostro “essere umani” che, quasi paradossalmente, sta perdendo tutta la sua importanza (rilevanza strategica) proprio nella cd. “società della comunicazione” e dell’ormai unanimemente accettata “impossibilità di non comunicare”.

L’impressione netta è che tutti comunichino, e/o siano convinti di comunicare, con poca consapevolezza che l’ascolto ne sia dimensione costitutiva ed essenziale.

Questa breve riflessione è rivolta  alle Persone generose e, praticamente, invisibili… e, per fortuna, quante ce ne sono…

Lontane dai riflettori… lontane da qualsiasi palcoscenico… non raccontano… non si raccontano…spesso non vengono raccontate….loro stesse non ne parlano… non cercano ribalte, riflettori, palcoscenici, nuove opportunità….operano e agiscono sempre nel silenzio, sempre in silenzio, sempre “accanto”….sempre pronte a farsi “prossime”, ma sempre, praticamente, quasi invisibili; non sono interessate a nessun tipo di “visibilità”, bensì soltanto ad operare, ad aiutare gli Altri…a stare “accanto”, a “prendersi cura”,e  non si vantano di ciò che fanno (e fanno tanto, tantissimo). Quando ci parli, a loro dire, fanno ciò che tutti avrebbero fatto nella stessa situazione. Sappiamo tutti come non sia così.

Dicevo..sempre in silenzio…sempre “accanto”….sempre pronte a farsi “prossime”, ma sempre, praticamente, quasi invisibili; perché non sono interessate a nessun tipo di “visibilità”….bensì soltanto ad operare, ad aiutare gli Altri… a stare “accanto”, a “prendersi cura”. Nelle situazioni e nei contesti più differenti, e non soltanto nei luoghi di cura e sofferenza. Nella vita di tutti i giorni, anche in quelle situazioni, apparentemente, più leggere ma che, al contrario, richiederebbero ascolto ed un po’ di empatia.

Persone essenziali, fondamentali, e non soltanto per coloro che hanno la fortuna di trovarvisi ‘gettati’ accanto…

Persone generose e straordinarie che operano senza che nessuno se ne accorga… in realtà, senza di loro, credo, che “tutto” si fermerebbe.

“Tutto” diventerebbe adempimento, regola, sistemi di regole, linee guida, normative, procedure, strutture, sistemi, apparati, dato/i. Schema, modello, numero/i.

“Tutto” diventerebbe mera esecuzione, replica e, ancora una volta, “simulazione” di un’umanità (1996) , simulazione di un “essere umani”, il cui senso più profondo rischiamo di veder sempre più sfumato, indebolito, fragile, incerto, svuotato.

Come non mi stanco di ripetere da anni, e questa ennesima emergenza, questo ennesimo “ecosistema di emergenze” (cit. 1998) lo hanno evidenziato, ancora una volta, dobbiamo tornare a “prenderci cura” della Società e, fuor di ogni retorica e slogan fin troppo abusati, delle Persone, della Persona (soggettività, sempre, relazionali) e, di conseguenza, dobbiamo tornare a “prenderci cura” del legame sociale, delle “ragioni” e delle “variabili” che lo rendono possibile e lo alimentano**.

Già, proprio così, la Società, nel suo complesso e nella sua (iper)complessità, del tutto particolare e imprevedibile. La Società che non è soltanto un costrutto teorico, che non è una semplice parola o definizione…

Lungo, lunghissimo periodo…

Questione educativa e culturale al centro. Ancora una volta, non c’è/non ci sarà spazio per paradigmi già confermatisi inadeguati, per riduzionismi e determinismi tornati prepotentemente di moda, nonostante l’uso sofisticato delle parole e le narrazioni egemoni sembrino certificare il loro superamento.

Già….

“Prendersi cura” della Società

https://pierodominici.nova100.ilsole24ore.com/2020/09/20/prendersi-cura-della-societa/

La forza, l’ambivalenza, l’imprevedibilità, la spontaneità, l’emergente emergenza e la capacità di auto-organizzarsi del sociale, dell’Umano…della complessità.

Lo studio e la Ricerca scientifica

Già l’Umano e il Sociale….la sfida della ricerca scientifica (tutta!) e, in in questo caso, sociale – delle scienze sociali nel quadro di un rinnovata alleanza con tutte le altre discipline, scientifiche ma anche umanistiche e più creative – è straordinariamente affascinante ma, oltre che di rigore metodologico ed evidenze empiriche, questa sfida deve/dovrebbe/dovrà necessariamente arricchirsi e basarsi su una serie di rinnovate consapevolezze.

Tra queste…

Non ci sono/non ci saranno/non ci potranno mai essere modelli, formule, sequenze infinite, ordinate, sistemiche, razionali, di dati (pur necessari e fondamentali per decidere, organizzare, pianificare) in grado di metterci in condizione di gestire, controllare, determinare o indirizzare l’Umano e il Sociale fino in fondo. Se non negandone la loro stessa ‘natura’ in termini di libertà, unicità, errore, imprevedibilità….instancabile dinamicità…

Ma stavo dicendo: le Persone generose….

A loro (e sono tante, per fortuna), alle Persone generose, il mio pensiero e la mia gratitudine – la gratitudine di tanti – nel tempo, oltre il tempo!

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Come sempre, altri percorsi di riflessione e approfondimento:

Un approccio e percorsi di approfondimento:

“Fondamentale, ripartire da educazione e istruzione

Fondamentale, quindi, ripartire da educazione e istruzione, (e, di conseguenza, da formazione e ricerca), basandole però su una ridefinizione della “qualità” della relazione tra gli attori dell’ecosistema educativo, formativo e comunicativo – nel rispetto dei reciproci ruoli (genitore, insegnante, docente etc.) – oltre che, evidentemente, sulla preparazione e sulle competenze. E, nel lungo periodo, per far questo abbiamo bisogno di “teste ben fatte” (Montaigne), e non di “teste ben piene”, che sappiano organizzare le conoscenze all’interno del nuovo ecosistema cognitivo (2005), altrimenti non si tratterà di “vera” innovazione, cioè quella sociale e culturale. E, come scrissi qualche anno fa, sarà la “società dell’ignoranza” e dell’incompetenza (non solo digitale…): una società edificata sul paradosso e, a livello culturale, su una mancata e fuorviante distinzione tra libertà ed uguaglianza. In tal senso, pagheremo ancora a lungo la sostanziale inadeguatezza dei nostri percorsi didattico-formativi, tuttora progettati e realizzati sulla miope, oltre che disastrosa, separazione tra le “due culture”, quella scientifica e quella umanistica, sia a livello scolastico che universitario. A livello pratico e operativo, non posso non tornare a richiamare l’urgenza di politiche di lungo periodo in grado di innescare e supportare il cambiamento culturale e, anche in questo caso, la centralità strategica di scuola, istruzione, università è fuori discussione! Da questo punto di vista, per ciò che concerne quella che ho definito la “società interconnessa”, l’orizzontalità e la democraticità delle procedure e dei sistemi non possono essere garantite dalla tecnologia in sé e per sé, dal momento che a fare la differenza sono/saranno sempre il fattore umano e la qualità delle relazioni sociali e dei legami di interdipendenza, dentro e fuori i sistemi sociali; dentro e fuori le organizzazioni complesse.

Per approfondire ulteriormente, augurandomi possano interessarvi, condivido, come sempre, altri saggi e contributi, divulgativi e non:

P.Dominici , Scuola digitale, – Come educare ad una cittadinanza matura e non eterodiretta, pubblicato su ForumPA il 01/04/2016

 

Educare alla complessità per affrontare i dilemmi della società ipercomplessa

intervista, Nella società ipercomplessa, la strategia è saltare le separazioni, VITA, 09/06/2017

Piero Dominici, L’Umano, il tecnologico e gli ecosistemi interconnessi: la reclusione dei saperi e l’urgenza di educare e formare alla complessità, Il Sole 24 Ore – 11/10/2016

Piero Dominici, Il grande equivoco. Ripensare l’educazione (#digitale) per la Società Ipercomplessa, Il Sole 24 Ore – 08/12/2016

Intervista, La cultura della complessità come cultura della responsabilità, Huffington Post, 05/05/2017

Piero Dominici, Educare alla complessità per un’etica della responsabilità: libertà e “valori” nella Società Interconnessa, Il Sole 24 Ore – 02/06/2015

Piero Dominici, Il diritto alla filosofia per ripensare l’educazione, la cittadinanza e l’inclusione, Il Sole 24 Ore – 23/04/2017

Piero Dominici, Innovazione e domanda di consapevolezza: la filosofia come “dispositivo” di risposta alla ipercomplessità, Il Sole 24 Ore – 14/03/2016

 

Un approccio e percorsi di ricerca dal’95

#CitaregliAutori

Abitare la complessità: tra riduzione e semplificazione https://mapsgroup.it/complessita-professor-dominici-parte2/ via #6Memes #MapsGroup

A.A.A. cercansi manager della complessità http://www.businesspeople.it/Storie/Attualita/Manager-della-complessita-PIero-Dominicini-109480 intervista via #BusinessPeople

Intervista concessa a VITA: “Nella società ipercomplessa, la strategia è saltare le separazioni” http://www.vita.it/it/interview/2017/06/09/nella-societa-ipercomplessa-la-strategia-e-saltare-le-separazioni/119/

Intervista concessa all’Huffington Post: “La cultura della complessità come cultura della responsabilità” http://www.huffingtonpost.it/2017/05/04/al-festival-della-complessita-la-lezione-di-piero-dominici-il_a_22069135/

 

Due tra le pubblicazioni scientifiche #PeerReview:

For an inclusive innovation. Healing the fracture between the human and the technological in the hypercomplex society: https://link.springer.com/article/10.1007/s40309-017-0126-4

Controversies on hypercomplexity and on education in the hypertechnological era: https://benjamins.com/catalog/cvs.15.11dom

 

Su tali temi e questioni sto lavorando e facendo ricerca anche con la World Academy of Art and Science e UN Geneva nell’ambito di altri progetti internazionali. Buon lavoro e buona ricerca a tutte/i!

 

Ps: Impegni e scadenze non mancano, ma ribadisco la mia disponibilità a lavorare su progetti di ricerca (nazionali e internazionali) relativi a tali tematiche.

Email: piero.dominici@unipg.it

Di seguito, alcuni contributi divulgativi:

#Research #Education #Complexity #Educazione #Complessità #Cittadinanza #Democrazia

Importante cambi il clima culturale su certe questioni (vitali). Speriamo si scelgano anche altre direzioni e si pensi, finalmente, al “lungo periodo”. Lo dicono tutti, ora…lo dicono…come tutti si sono accorti della centralità strategica di istruzione, educazione, formazione, ricerca…speriamo bene…

Ripeto ogni volta: siamo sulle ben note “spalle dei giganti”, con problemi di vertigini e, tuttora, poco consapevoli della (iper)complessità del mutamento in atto e del “tipo” di scelte che questo richiede…

 

Ripensare l’educazione (1995 e sgg.). Cosa significa? Quali le implicazioni?

Come ripensare l’educazione nella civiltà globale e iperconnessa

In estrema sintesi: superando la dimensione superficiale e propagandistica degli slogans ad effetto, oltre che di certo storytelling, ripensare l’educazione significa  rimettere al centro la Persona (le nuove soggettività e il loro sistema di relazioni), l’umano, i vissuti, le emozioni –  andando oltre la “falsa dicotomia” che le contrappone al pensiero (Dominici, 1995, 1998 e sgg.); sì, proprio quelle emozioni che sono alla base della stessa razionalità; significa, allo stesso tempo, rimettere al centro l’immaginario/gli immaginari, l’immaginazione, la creatività, l’autenticità, la vita e il vitale, dimensioni complesse che non possono essere, in alcun modo, né ingabbiate/recluse  né tanto meno oggettivate in numeri e/o formule matematiche (pur sempre utili); ripensare l’educazione significa riportare/rilanciare l’educazione (senza aggettivi prima o dopo la parola) sempre nella prospettiva sistemica di un’educazione socio-emotiva che, in ogni caso, non ne esaurisce la complessità e l’ambivalenza; significa rilanciare  la filosofia, come pratica filosofica e di pensiero critico, e l’educazione al metodo scientifico (che è un “qualcosa” che caratterizza non soltanto le cd. scienze “esatte”), fin dai primissimi anni di scuola (1996); significa (ri)mettere al centro dei processi educativi e dei percorsi didattico-formativi l’arte, la poesia, le discipline creative (p.e. il teatro à empatia, la musica, il design etc.) e le cosiddette Digital Humanities.

Ripensare l’educazione significa aprire le istituzioni educative e formative, ridefinendone logiche e culture organizzative, ridefinendone logiche e funzioni degli spazi, dentro ecosistemi sempre più interconnessi e interdipendenti.

Ripensare l’educazione significa, in altri termini, “recuperare le dimensioni complesse della complessità educativa” (Dominici, 1995 e sgg.), sia a livello di scuola che di università (àsi pensi sempre alla formazione dei formatori e al lungo periodo). Di fondamentale importanza riaffermare, una volta per tutte, la consapevolezza che il processo educativo non consiste soltanto nel portare a “sapere” ed a “saper fare”; l’educazione è un processo complesso, sistemico, incerto, imprevedibile fino in fondo, ambiguo, inarrestabile e dinamico. Stiamo correndo seriamente il rischio di svuotare di senso tutta la prassi educativa, alimentando e riproducendo un pensiero omologante e omologato.

https://www.agendadigitale.eu/cultura-digitale/ripensare-leducazione-nella-civilta-iperconnessa-cosa-significa/

 

La vita (e la comunicazione) ridotta a strategia…tra complessità e riduzionismi

La comunicazione, e la sua complessità, ridotta a regole e tecniche…La vita (sociale, relazionale) ridotta a strategia…La vita, e non soltanto la comunicazione, ridotte alla capacità e all’abilità di gestire la nostra visibilità, di gestire una vita fatta di tanti piccoli attimi che, all’improvviso, possono diventare eventi ma anche “spaccati” di vissuti e di noi stessi e delle persone a noi care/vicine. Spesso proprio quelli che (soltanto ora) parlano/scrivono/si sono accorti dell’importanza di #educazione, #PensieroCritico, #complessità, #comunicazione e della centralità della #Persona, hanno ridotto proprio la relazione con l’Altro e la stessa comunicazione, a qualsiasi livello e in qualsiasi ambito, esclusivamente a #strategia (i “comportamenti” nei social sono davvero emblematici di ciò che avviene da sempre e ben evidenziano ciò che sostengo da anni), a #marketing, ad un insieme di #regole e linee guida che, di fatto, pur semplificando/agevolando/facilitando (almeno in apparenza), ne svuotano il senso complessivo e la complessità stessa. Un approccio (?) perfettamente calato, nel tempo, dentro i processi educativi e formativi. Da questo punto di vista, fate caso a come tutti, attualmente, parlino e scrivano di complessità salvo poi scegliere le tradizionali vie della semplificazione confusa con banalizzazione e la facilitazione che esclude invece di includere, per non parlare delle altrettanto tradizionali spiegazioni riduzionistiche e e deterministiche. Come detto, un’impostazione ed una visione calate anche nei processi educativi e di costruzione della Persona: rendere tutto semplice/facile/banale e, possibilmente, trarre sempre il massimo dalla relazione con l’Altro, cercare sempre l’utile, il ritorno, cercare sempre il vantaggio, partendo sempre dalla convinzione di essere dalla parte giusta.

Ripeto ogni volta: il confine tra educazione/formazione e indottrinamento/persuasione/manipolazione è sempre più sottile. E, come ripeto da tempi non sospetti, c’è una questione profonda di “cultura della comunicazione”.

Dinamiche e processi sociali hanno nella loro varietà, nella pluralità ed eterogeneità, nell’imprevedibilità e nell’ambivalenza, la loro ricchezza e il senso più profondo. Ma quale dialogo (tutti ne parlano ma il dialogo è “roba” impegnativa e non pura convivialità), ma quale incontro/confronto/conflitto con l’Altro, ma quale relazione, ma quale “centralità della Persona” se, appunto, tutto è ridotto/ricondotto a strategia, obiettivi precisi e specifici, regole e schemi presentati come assoluti e universalmente validi, se tutto è ridotto esclusivamente al problema dell’efficacia, della visibilità, del convincere e/o, magari, strumentalizzare l’Altro (magari in maniera gentile e non arrogante…). La vita e la comunicazione (complessità, relazione, mediazione del conflitto, esaltazione della contraddizione e del pluralismo à democrazia) con l’Altro, ancora una volta, ridotte a strategia, a tecnica/insieme di tecniche” della comunicazione e della persuasione…

L’Altro, ancora una volta, identificato con l’utilità e l’interesse. Questione culturale ed educativa e, forse, dovremmo smetterla di scaricare, come sempre, la responsabilità su media e social…Le questioni sono molto più profonde e complesse, nonostante ci rassicuri molto ricorrere a certe spiegazioni.

Sempre sulle questioni legate alla complessità, condivido saggio pubblicato per #Treccani:

La complessità della complessità e l’errore degli errori (cit.) http://www.treccani.it/magazine/lingua_italiana/speciali/digitale/5_Dominici.html

E contributo per Il Sole 24 Ore: Educare alla complessità…perché “Democrazia è complessità” (1995): https://pierodominici.nova100.ilsole24ore.com/2018/06/03/educare-alla-complessitaperche-democrazia-e-complessita-1995/

 

Un approccio e percorsi di ricerca dal’95.

#CitaregliAutori

 

N.B. Condividete e riutilizzate pure i contenuti pubblicati ma, cortesemente, citate sempre gli Autori e le Fonti anche quando si usano categorie concettuali e relative definizioni operative. Condividiamo la conoscenza e le informazioni, ma proviamo ad interrompere il circuito non virtuoso e scorretto del “copia e incolla”, alimentato da coloro che sanno soltanto “usare” il lavoro altrui. Le citazioni si fanno, in primo luogo, per correttezza e, in secondo luogo, perché il nostro lavoro (la nostra produzione intellettuale e la nostra attività di ricerca) è sempre il risultato del lavoro di tante “persone” che, come NOI, studiano e fanno ricerca, aiutandoci anche ad essere creativi e originali, orientando le nostre ipotesi di lavoro.

I testi che condivido sono il frutto di lavoro (passione!) e ricerche e, come avrete notato, sono sempre ricchi di citazioni. Continuo a registrare, con rammarico e una certa perplessità, come tale modo di procedere, che dovrebbe caratterizzare tutta la produzione intellettuale (non soltanto quella scientifica e/o accademica), sia sempre meno praticata e frequente in molti Autori e studiosi.

Dico sempre: il valore della condivisione supera l’amarezza delle tante scorrettezze ricevute in questi anni. Nei contributi che propongo ci sono i concetti, gli studi, gli argomenti di ricerche che conduco da vent’anni: il valore della condivisione diviene anche un rischio, ma occorre essere coerenti con i valori in cui si crede.

Buona riflessione e buona ricerca!

 

Immagine: opera di Jacek Yerka