Cercando sempre la luce (riflessa)…

Non posso non tornarci sopra….e, così,  ogni tanto …

Nulla di nuovo….nulla di cui stupirsi, ormai. ‘Cose’ che si ripetono, puntualmente.

E così, come sempre,  ancor di più da quando esistono i social [–> ma, ripeto sempre, la “colpa” non è dei social che, al contrario, possono/potrebbero essere (sempre) di straordinaria importanza, in ogni situazione], anche nelle/sulle situazioni/circostanze più drammatiche, scatta la mega-gara, la mega-competizione – se i testi son scritti in inglese, una mega-competizione globale (?) – a colpi di post e di tweet, a chi trova la frase più ad effetto, a chi si mostra più intelligente, a chi crea (??) l’hashtag # più indovinato e originale (competenza, assolutamente, basilare dei nuovi “grandi comunicatori”).

Anche se i “fatti”, e la loro drammaticità, (forse) richiederebbero altri atteggiamenti e, soprattutto, altri obiettivi; richiederebbero una sensibilità e un’empatia, sempre più spesso, simulate e sapientemente raccontate, destinate a svanire (come già accaduto, infinite volte in passato) a mano, a mano, che ci si allontana nel tempo, e nella scansione temporale, dai “fatti”, dall’evento.

Perché tutto, prima o poi, finisce nell’oblio e nel dimenticatoio, e non è che serva poi così tanto tempo perché ciò accada. Ed è proprio in quel momento o, per meglio dire, in quella fase che si ha/ si è sempre avuta/ sempre si avrà la conferma di quanto fossero superficiali e, per tanti versi, interessati/strumentali quei sentimenti, quelle parole, quelle immagini, quei discorsi di vicinanza, empatia, solidarietà. 

Si potrebbero fare tantissimi, infiniti, esempi anche per ciò che concerne la storia/le storie di disastri e catastrofi che sono accaduti e, purtroppo, continuano ad accadere nel nostro Paese e, ancor di più, nel Mondo. 

A man mano che ci si allontana, nella scansione temporale, dall’accadimento dei ‘fatti’ e dallo svolgersi degli eventi e a mano a mano che, allo stesso tempo, l’ondata emotiva e mediatica si raffredda, tutto viene dimenticato, di più, rimosso; e vengono dimenticati e rimossi i problemi e le questioni, al di là della loro rilevanza. 

Ma, soprattutto, vengono dimenticate e rimosse le sofferenze delle Persone e delle popolazioni, non soltanto da parte di media, social e “cercatori/cercatrici di followers e popolarità”, non soltanto dalle opinioni pubbliche, ma anche, e soprattutto, da parte dei cd. ‘decisori’ e di coloro che hanno la responsabilità delle scelte, a livello nazionale e internazionale, peraltro, sempre profondamente influenzati e condizionati dalle dinamiche di cui sopra.

E, come noto, le logiche sono quelle di sempre … quelle che l’avvento dell’era della iperconnessione ha ulteriormente radicalizzato. Ma – mi ripeto – “la” questione è, al solito, educativa e culturale (complessa).

Bisogna esserci sempre, sfruttare la luce (riflessa) e la visibilità che certi eventi e notizie regalano, ancor di più quando sono drammatiche (intendiamoci bene, succede anche con le cd. “buone notizie” e/o con quelle relative al mondo dell’intrattenimento e dello spettacolo, dello sport, dell’industria culturale nel suo complesso); bisogna esserci sempre, conta soltanto questo … bisogna esserci sempre anche con un breve, brevissimo commento o una condivisione (?), anche se di quel tema o argomento non ci si è mai, neanche minimamente, interessati;

bisogna esserci sempre, ancor di più se c’è una qualche “polemica”, da innescare/sollevare o già innescata/scoppiata, e/o dinamica di polarizzazione da cavalcare, salvo poi criticare aspramente certe ‘derive’. Insomma, a parole, tutti contro le polarizzazioni; nei fatti, poi, queste polarizzazioni aiutano molto a scrivere, a vendere libri, ad alimentare dibattiti e talvolta, perfino, a continuare a garantire/garantirsi lavoro, incarichi (di tutti i generi) e visibilità.

[Aggiungo: sembrano/sono proprio queste le situazioni “ideali” per popolarità e visibilità, anche, ma non soltanto, per ciò che concerne i vecchi media generalisti e di massa, completamente assorbiti e ridefiniti, nelle strategie, da logiche social e algoritmi vari]  

  • E, sia chiaro: un conto è che questa luce e questa visibilità tocchino/arrivino/siano regalate a chi veramente si trova in difficoltà, ha bisogno di sostegno, a chi sta soffrendo o rischia addirittura la propria vita; un altro, è che tale luce (riflessa) arrivi/sia ricevuta e/o se la prendano persone/gruppi che hanno interesse soltanto ad incrementare (ulteriormente) followers e visibilità/reputazione/immagine.

Dicevo: bisogna esserci sempre, bisogna sfruttare sempre le onde e i trends. E’ diventato quasi un gioco di strategia, anzi tutto è stato ridotto a strategia, anche la comunicazione (ormai, non soltanto nei social).

Non è inutile ribadire come sia così da sempre, anche da prima dell’era dei social e della civiltà iperconnessa. Per questo – avrete fatto caso – inizio sempre queste brevi riflessioni (pillole) con formule “nulla di nuovo… nulla di cui stupirsi”.

Anche se un minimo di stupore rimane e non posso non confessarlo (lo dichiaro sempre, apertamente): me lo destano ancora, in particolare, coloro che, per tante ragioni (ruolo sociale, politico, culturale, professione svolta, responsabilità anche pubbliche, livelli di scolarizzazione, cultura etc.) dovrebbero esserne più consapevoli (e, sicuramente, lo saranno) e, in qualche modo, prenderne le distanze, non cavalcando certe dinamiche. Ma visibilità e popolarità sono – da sempre – troppo importanti, irrinunciabili. 

Bisogna esserci sempre… anche negli scambi/condivisioni/dialoghi più incredibili e surreali…

In questi giorni drammatici, per tante ragioni, solo per fare un esempio, tutti “solidali con” e commossi per il popolo afgano (ma, si potrebbero fare tanti altri esempi)… domani, chissà…arriveranno altri temi e altri trends necessari per mantenere alta la visibilità ed esser costantemente ‘notati’, citati, ripresi; e, magari, arrivare ad esser considerati/riconosciuti anche “esperti” o, comunque, conoscitori della questione/delle questioni, soltanto per la propria presenza continua, pressoché ubiqua e instancabile. Oltre che, nella peggiore delle ipotesi, per il numero di “seguaci”, “followers”, visualizzazioni e tifoserie varie da attivare/mobilitare nell’eventuale dibattito.

E poi, domani, chissà, gli afgani (o chi per loro) potrebbero diventare, come tante altre etnie e popolazioni in passato, “profughi”, potrebbero diventare, cioè, un “problema” più vicino a noi (anche nello spazio/tempo) e, in quel momento, anche la solidarietà e la vicinanza, tanto efficacemente raccontate e narrate (storytelling), andranno a farsi benedire, come si dice. E non conteranno schieramenti o appartenenze politiche. Tanto, tempo qualche giorno/settimana e …parleremo di altro.

Super-informati/dis-informati di tutto, cioè informati, concretamente, su nulla in particolare. D’altra parte, non c’è proprio tempo per approfondire e per “pensare”. Il grande Franco Ferrarotti propose, a suo tempo, una formula molto efficace, parlando di frenetici informatissimi idioti.

Non intendo, assolutamente, assumerla come un “dato di fatto”, ma  – questo sì – come un rischio estremamente serio/concreto che stiamo correndo. E non da oggi. Educazione, formazione, ricerca: serve una svolta radicale! Radicale!

Come ribadisco (con forza) da molti anni, i segnali continuano ad essere poco incoraggianti (eufemismo), ragion per cui continueremo a pagarne, pesantemente, le conseguenze (cfr. definizione di “società asimmetrica”) chissà per quanti decenni a venire.

Sempre… cercando la luce (riflessa).

Sempre in questa prospettiva…

Allo stesso tempo e allo stesso modo… stesso discorso con qualche, piccola, sfumatura diversa…

Al di là della sensazione di vuoto, di assenza/mancanza, della consueta, atavica e profonda (consapevolezza della) condizione di fragilità dell’essere umano (e dell’essere umani), oltre che di una perdita che sentiamo/percepiamo a noi “vicina”, molto vicina, anche quando non abbiamo avuto neanche la possibilità di conoscerla/o; ogni volta che viene a mancare qualche figura/personalità/essere umano importante, autorevole, più o meno famosa/o e celebrato/a; che, magari, è stata anche di esempio per diverse ragioni [con le azioni, con i comportamenti, con la generosità e l’apertura continua e disinteressata verso gli Altri, ma soprattutto, con la sua coerenza rispetto a quanto dichiarato/professato, e non soltanto “a parole” o nella comunicazione (??) nei social]; ebbene, di questa Persona/Figura, più o meno carismatica, giustamente, opportunamente, correttamente, si cerca di ricordarne la vita, le azioni, le opere e lo spessore;

 

e, a fronte di tanti che lo fanno con sincero trasporto ed autentica emozione, esaltandone ed enfatizzandone ogni singolo tratto (vissuto/percepito), non posso non rilevare come, ogni volta, vedendo/leggendo/ascoltando molti dei testi prodotti (nel senso più ampio del termine), non soltanto nei social e nei media, si abbia la netta, nettissima, sensazione che siano stati, sapientemente e scrupolosamente, preparati, più per “mettere in luce sé stessi”, e le proprie ‘gesta’ (il proprio lavoro, il proprio gruppo od organizzazione), che le figure importanti venute a mancare.

In altre parole, questi “testi” sembrano – in molti casi – pensati, realizzati, scritti, con obiettivi del tutto differenti rispetto al ‘semplice’, necessario, doloroso, commosso, doveroso, ricordo.

Perché, ormai, tutto è buono, tutto è valido, tutto è opportuno e, allo stesso tempo, necessario; purché se ne parli, purché si parli di “io” “me” “noi”, purché si riesca a catturare quel po’ di luce (riflessa), che fa sempre comodo e può sempre tornare ‘utile’;

perché, soprattutto a certi livelli (reali, percepiti o rappresentati), bisogna essere sempre sulla cresta dell’onda e/o, comunque, per mantenere/incrementare (almeno) un po’ di visibilità, like, followers.

Luce (propria o, in molti casi, riflessa) che – ripeto – oggi è di vitale importanza per tantissimi umani, non solo per ragioni lavorative e/o professionali.

Perché, (quasi) tutto accade on line, nella sfera mediatica globale e iperconnessa.

Mai uscire dal ‘flusso’, mai. Il rischio o, per meglio dire, il timore, la paura, è di essere dimenticati, lasciati, anche soltanto per un momento, da parte. Fuori da quel “cono di luce”….

Talvolta, ho la netta impressione (come vedete, parlo di “impressione”) che tante, tantissime Persone, di ogni gruppo, classe sociale e/o livello di scolarizzazione e cultura, senza il mondo online (come ripeto, ormai da venticinque anni, non più separabile/separato dal mondo offline), senza la cd. infosfera, e, ancor di più da qualche anno, “senza i social” non potrebbero, non soltanto lavorare e portare avanti le loro attività (che in alcuni/molti casi, neanche esistono “offline”), non soltanto sovra-rappresentare e promuovere continuamente ciò che fanno e la loro immagine/reputazione; ma non potrebbero, addirittura, quasi più “vivere”, “esistere”, quasi dimostrare di “vivere”, “esser presenti” ed “esistere”.

[Salvo poi – spesso sono gli stessi – criticare, aspramente, le stesse logiche e meccanismi mediatici e dei social… sempre all’insegna della ‘famosa’ coerenza].

Allo stesso modo, con scarsa coerenza, da sempre, come non rilevare, quanto si elogino figure straordinarie anche per onestà, altruismo, generosità, disinteresse, umiltà e coerenza…senza porsi minimamente il problema della coerenza delle proprie azioni.

 

Nulla di nuovo…

Sempre cercando la luce (riflessa)…

#QuestioneCulturale #educazione #Società #LegamiSociali #immagine #reputazione #popolarità #VisioneSistemica #PensieroCritico #Complessità #reti #connessioni #SocietàAsimmetrica

 

Ps. Continueremo a tornarci sopra…

 

Un approccio e percorsi di ricerca dal’95

Lunga e complessa la strada…le strade…

 

Educare alla complessità per affrontare i dilemmi della società ipercomplessa

 

– Piero Dominici, Generosità e riconoscimento ai tempi della Rete

https://pierodominici.nova100.ilsole24ore.com/2018/05/01/generosita-e-riconoscimento-ai-tempi-della-rete/

– Intervista/conversazione con Vita, Nella società ipercomplessa, la strategia è saltare le separazioni,  – 09/06/2017

– Piero Dominici, L’Umano, il tecnologico e gli ecosistemi interconnessi: la reclusione dei saperi e l’urgenza di educare e formare alla complessità, Il Sole 24 Ore – 11/10/2016

– Piero Dominici, Il grande equivoco. Ripensare l’educazione (#digitale) per la Società Ipercomplessa, Il Sole 24 Ore – 08/12/2016

-Intervista/conversazione con Huffington Post, La cultura della complessità come cultura della responsabilità, Huffington Post, 05/05/2017

– Piero Dominici, Educare alla complessità per un’etica della responsabilità: libertà e “valori” nella Società Interconnessa, Il Sole 24 Ore – 02/06/2015

– Piero Dominici, Il diritto alla filosofia per ripensare l’educazione, la cittadinanza e l’inclusione, Il Sole 24 Ore – 23/04/2017

– Piero Dominici, Innovazione e domanda di consapevolezza: la filosofia come “dispositivo” di risposta alla ipercomplessità, Il Sole 24 Ore – 14/03/2016

 

Un approccio e percorsi di ricerca dal’95

#CitaregliAutori

 

– Abitare la complessità: tra riduzione e semplificazione https://mapsgroup.it/complessita-professor-dominici-parte2/ via #6Memes #MapsGroup

– A.A.A. cercansi manager della complessità http://www.businesspeople.it/Storie/Attualita/Manager-della-complessita-PIero-Dominicini-109480 intervista via #BusinessPeople

– Intervista concessa a VITA: “Nella società ipercomplessa, la strategia è saltare le separazioni” http://www.vita.it/it/interview/2017/06/09/nella-societa-ipercomplessa-la-strategia-e-saltare-le-separazioni/119/

– Intervista concessa all’Huffington Post: “La cultura della complessità come cultura della responsabilità” http://www.huffingtonpost.it/2017/05/04/al-festival-della-complessita-la-lezione-di-piero-dominici-il_a_22069135/

 

Tra le pubblicazioni scientifiche #PeerReviewed:

– Educating for the Future in the Age of Obsolescence** https://www.cadmusjournal.org/article/volume-4/issue-3/educating-for-the-future

**This article, was peer-reviewed and selected as one of the outstanding papers presented at the 2019 IEEE 18th International Conference on Cognitive Informatics & Cognitive Computing (ICCI*CC)

– For an inclusive innovation. Healing the fracture between the human and the technological in the hypercomplex societyhttps://link.springer.com/article/10.1007/s40309-017-0126-4

– Controversies on hypercomplexity and on education in the hypertechnological era: https://benjamins.com/catalog/cvs.15.11dom

 

Su tali temi e questioni sto lavorando e facendo ricerca anche con la World Academy of Art and Science e nell’ambito di altri progetti internazionali. Tra quelli più recenti, ricordo “COSY THINKING” (Progetto UE).

Di seguito, il link: https://cosy.pixel-online.org/publications.php

Buon lavoro e buona ricerca a tutte/i!

 

Ps: Impegni e scadenze non mancano, ma ribadisco la mia disponibilità a lavorare su progetti di ricerca (nazionali e internazionali) relativi a tali tematiche.

Email: piero.dominici@unipg.it e dominici@worldacademy.org

 

Di seguito, alcuni contributi divulgativi:

https://pierodominici.nova100.ilsole24ore.com/2017/02/18/la-comunicazione-ridotta-a-marketing-pianoinclinato/

 

#Research #Education #Complexity #Educazione #Complessità #Cittadinanza #Democrazia #SistemiComplessi #metodo #teorie #ricerca #epistemologia #ScienzeSociali #Filosofia

Importante cambi il clima culturale su certe questioni (vitali). Speriamo si scelgano anche altre direzioni e si pensi, finalmente, al “lungo periodo”. Lo dicono tutti, ora…lo dicono…come tutti si sono accorti della centralità strategica di istruzione, educazione, formazione, ricerca…speriamo bene…

Ripeto ogni volta: siamo sulle ben note “spalle dei giganti”, con problemi di vertigini e, tuttora, poco consapevoli della (iper)complessità del mutamento in atto e del “tipo” di scelte che questo richiede…

 

Ripensare l’educazione (1995 e sgg.). Cosa significa? Quali le implicazioni?

 

Come ripensare l’educazione nella civiltà globale e iperconnessa

In estrema sintesi: superando la dimensione superficiale e propagandistica degli slogans ad effetto, oltre che di certo storytelling, ripensare l’educazione significa  rimettere al centro la Persona (le nuove soggettività e il loro sistema di relazioni), l’umano, i vissuti, le emozioni –  andando oltre la “falsa dicotomia” che le contrappone al pensiero (Dominici, 1995, 1998 e sgg.); sì, proprio quelle emozioni che sono alla base della stessa razionalità; significa, allo stesso tempo, rimettere al centro l’immaginario/gli immaginari, l’immaginazione, la creatività, l’autenticità, la vita e il vitale, dimensioni complesse che non possono essere, in alcun modo, né ingabbiate/recluse  né tanto meno oggettivate in numeri e/o formule matematiche (pur sempre utili); ripensare l’educazione significa riportare/rilanciare l’educazione (senza aggettivi prima o dopo la parola) sempre nella prospettiva sistemica di un’educazione socio-emotiva che, in ogni caso, non ne esaurisce la complessità e l’ambivalenza; significa rilanciare  la filosofia, come pratica filosofica e di pensiero critico, e l’educazione al metodo scientifico (che è un “qualcosa” che caratterizza non soltanto le cd. scienze “esatte”), fin dai primissimi anni di scuola (1996); significa (ri)mettere al centro dei processi educativi e dei percorsi didattico-formativi l’arte, la poesia, le discipline creative (p.e. il teatro à empatia, la musica, il design etc.) e le cosiddette Digital Humanities.

Ripensare l’educazione significa aprire le istituzioni educative e formative, ridefinendone logiche e culture organizzative, ridefinendone logiche e funzioni degli spazi, dentro ecosistemi sempre più interconnessi e interdipendenti.

Ripensare l’educazione significa, in altri termini, “recuperare le dimensioni complesse della complessità educativa” (Dominici, 1995 e sgg.), sia a livello di scuola che di università (àsi pensi sempre alla formazione dei formatori e al lungo periodo).

Di fondamentale importanza riaffermare, una volta per tutte, la consapevolezza che il processo educativo non consiste soltanto nel portare a “sapere” ed a “saper fare”; l’educazione è un processo complesso, sistemico, incerto, imprevedibile fino in fondo, ambiguo, inarrestabile e dinamico. Stiamo correndo seriamente il rischio di svuotare di senso tutta la prassi educativa, alimentando e riproducendo un pensiero omologante e omologato.

https://www.agendadigitale.eu/cultura-digitale/ripensare-leducazione-nella-civilta-iperconnessa-cosa-significa/

 

La vita (e la comunicazione) ridotta a strategia…tra complessità e riduzionismi

La comunicazione, e la sua complessità, ridotta a regole e tecniche…La vita (sociale, relazionale) ridotta a strategia…La vita, e non soltanto la comunicazione, ridotte alla capacità e all’abilità di gestire la nostra visibilità, di gestire una vita fatta di tanti piccoli attimi che, all’improvviso, possono diventare eventi ma anche “spaccati” di vissuti e di noi stessi e delle persone a noi care/vicine. Spesso proprio quelli che (soltanto ora) parlano/scrivono/si sono accorti dell’importanza di #educazione, #PensieroCritico, #complessità, #comunicazione e della centralità della #Personahanno ridotto proprio la relazione con l’Altro e la stessa comunicazione, a qualsiasi livello e in qualsiasi ambito, esclusivamente a #strategia (i “comportamenti” nei social sono davvero emblematici di ciò che avviene da sempre e ben evidenziano ciò che sostengo da anni), a #marketing, ad un insieme di #regole e linee guida che, di fatto, pur semplificando/agevolando/facilitando (almeno in apparenza), ne svuotano il senso complessivo e la complessità stessa.

Un approccio (?) perfettamente calato, nel tempo, dentro i processi educativi e formativi. Da questo punto di vista, fate caso a come tutti, attualmente, parlino e scrivano di complessità salvo poi scegliere le tradizionali vie della semplificazione confusa con banalizzazione e la facilitazione che esclude invece di includere, per non parlare delle altrettanto tradizionali spiegazioni riduzionistiche e e deterministiche. Come detto, un’impostazione ed una visione calate anche nei processi educativi e di costruzione della Persona: rendere tutto semplice/facile/banale e, possibilmente, trarre sempre il massimo dalla relazione con l’Altro, cercare sempre l’utile, il ritorno, cercare sempre il vantaggio, partendo sempre dalla convinzione di essere dalla parte giusta.

Ripeto ogni volta: il confine tra educazione/formazione e indottrinamento/persuasione/manipolazione è sempre più sottile. E, come ripeto da tempi non sospetti, c’è una questione profonda di “cultura della comunicazione”.

Dinamiche e processi sociali hanno nella loro varietà, nella pluralità ed eterogeneità, nell’imprevedibilità e nell’ambivalenza, la loro ricchezza e il senso più profondo. Ma quale dialogo (tutti ne parlano ma il dialogo è “roba” impegnativa e non pura convivialità), ma quale incontro/confronto/conflitto con l’Altro, ma quale relazione, ma quale “centralità della Persona” se, appunto, tutto è ridotto/ricondotto a strategia, obiettivi precisi e specifici, regole e schemi presentati come assoluti e universalmente validi, se tutto è ridotto esclusivamente al problema dell’efficacia, della visibilità, del convincere e/o, magari, strumentalizzare l’Altro (magari in maniera gentile e non arrogante…).

La vita e la comunicazione (complessità, relazione, mediazione del conflitto, esaltazione della contraddizione e del pluralismo à democrazia) con l’Altro, ancora una volta, ridotte a strategia, a tecnica/insieme di tecniche” della comunicazione e della persuasione…

L’Altro, ancora una volta, identificato con l’utilità e l’interesseQuestione culturale ed educativa e, forse, dovremmo smetterla di scaricare, come sempre, la responsabilità su media e social...Le questioni sono molto più profonde e complesse, nonostante ci rassicuri molto ricorrere a certe spiegazioni.

 

Sempre sulle questioni legate alla complessità, condivido voce/saggio pubblicato per Treccani:

– La complessità della complessità e l’errore degli errori (cit.) http://www.treccani.it/magazine/lingua_italiana/speciali/digitale/5_Dominici.html

 

– E un contributo per Il Sole 24 Ore: Educare alla complessità…perché “Democrazia è complessità” (1995): https://pierodominici.nova100.ilsole24ore.com/2018/06/03/educare-alla-complessitaperche-democrazia-e-complessita-1995/

 

Un approccio e percorsi di ricerca dal’95.

#CitaregliAutori

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N.B. Condividete e riutilizzate pure i contenuti pubblicati ma, cortesemente, citate sempre gli Autori e le Fonti anche quando si usano categorie concettuali e relative definizioni operative. Condividiamo la conoscenza e le informazioni, ma proviamo ad interrompere il circuito non virtuoso e scorretto del “copia e incolla”, alimentato da coloro che sanno soltanto “usare” il lavoro altrui. Le citazioni si fanno, in primo luogo, per correttezza e, in secondo luogo, perché il nostro lavoro (la nostra produzione intellettuale e la nostra attività di ricerca) è sempre il risultato del lavoro di tante “persone” che, come NOI, studiano e fanno ricerca, aiutandoci anche ad essere creativi e originali, orientando le nostre ipotesi di lavoro.

I testi che condivido sono il frutto di lavoro (passione!) e ricerche e, come avrete notato, sono sempre ricchi di citazioni. Continuo a registrare, con rammarico e una certa perplessità, come tale modo di procedere, che dovrebbe caratterizzare tutta la produzione intellettuale (non soltanto quella scientifica e/o accademica), sia sempre meno praticata e frequente in molti Autori e studiosi.

Dico sempre: il valore della condivisione supera l’amarezza delle tante scorrettezze ricevute in questi anni. Nei contributi che propongo ci sono i concetti, gli studi, gli argomenti di ricerche che conduco da vent’anni: il valore della condivisione diviene anche un rischio, ma occorre essere coerenti con i valori in cui si crede.

Buona riflessione e buona ricerca!

 

Immagine: opera “BrainChain” di Willem den Broeder