La dissimulazione della comunicazione e della co-abitazione…della democrazia.

Una riflessione insolitamente breve ma, mi auguro, in grado di fornire spunti e stimolarne ulteriori. Mi soffermo, in questo caso, soltanto su alcune delle dimensioni di questi processi (complessi) di dissimulazione che, come ripeto da anni, si rivelano particolarmente importanti per il declino in corso del vivere insieme e del co-abitare, ma anche, e soprattutto, per la vita dei regimi democratici. Dimensioni molteplici e sistemiche che non mi stanco di studiare ed analizzare, non soltanto in chiave divulgativa. Al termine della riflessione, come sempre, percorsi di approfondimento e collegamenti ipertestuali.

Pianeta Terra. “Qui”, ormai, tutti parlano (non soltanto) di polarizzazione e di “odio in rete”, meglio noto come #hatespeech, di camere dell’eco o echo chambers (le parole inglesi, per tante ragioni, fanno sempre più effetto), parlano e dibattono, in ogni sede e attraverso qualunque canale, di libertà e responsabilità (come ripeto ogni volta, “concetti relazionali” spesso confusi, non soltanto all’interno di una visione/lettura individualistica) e lo fanno con opinioni e posizioni più differenti; e, di conseguenza, tutti parlano, più in generale, della rilevanza strategica, a tutti i livelli e in qualsiasi ambito della vita privata, organizzativa e sociale, della “comunicazione”, della “buona” e “corretta” comunicazione, del “comunicare” e, quindi, del relazionarci e del vivere. Il tutto con un po’ di ritardo – ma, come si dice, meglio tardi che mai – e facendo riferimento alle più svariate concezioni/definizioni/campi e approcci disciplinari. L’importanza e la complessità del dialogo, del comunicare, del confrontarsi e dell’incontrare l’Altro, sono ricondotte/ridotte/semplificate, talvolta banalizzate, soprattutto attraverso il sistematico e continuo riferimento/ricorso a buone regole, linee guida e a tecniche/strategie “comunicative”, più o meno sofisticate, presentate come universalmente valide ed efficaci in ogni circostanza/situazione/contesto.

Allo stesso tempo, (quasi) tutti coloro che parlano/hanno parlato, a lungo, solo e soltanto di “polarizzazione/i”, di “odio in rete”, insomma di informazione e comunicazione, mostrano/esibiscono una certa incoerenza, quanto meno nella gestione dei loro contenuti più importanti (più importanti,in una certa ottica: quella dei consensi, delle interazioni, dei commenti, dei likes, dei followers), oltre che nelle loro tattiche e/o strategie, più o meno sofisticate, comunicative (offline e online).

Ebbene, proprio a tal proposito, non posso non rilevare come talvolta/spesso siano proprio gli stessi che alimentano certe dinamiche e derive, anche con i loro atteggiamenti e comportamenti manifesti e visibili.

Sempre più frequente e sempre più evidente appaiono il bisogno, quasi vitale, insopprimibile, di definire, creare, alimentare, nominare, evocare etc. contrapposizioni, polemiche (su qualsiasi tema/argomento… meglio se sterili, si divide e ci si divide meglio) e l’esigenza di individuare e mostrare al pubblico chi sono, nella migliore delle ipotesi, gli “avversari” e, nella peggiore delle ipotesi, i nemici.

Anche nei ‘settori’ dello studio e nella ricerca, in quelli della produzione e condivisione della conoscenza e dei saperi, dove dovrebbero/potrebbero essere perseguiti ben altri obiettivi.

Logiche di separazione e di reclusione dei saperi (1996), logiche di inclusione e/o esclusione nel/dal dibattito pubblico, non soltanto mediatico e/o nei social, che si coniugano perfettamente con altre logiche, anch’esse ben note, quelle della visibilità, della civiltà dell’immagine, della società dei followers e dei like.

E, così, accade/si verifica puntualmente che, ogni volta che i ‘riflettori’ si spostano troppo, non si è messi in primo piano, o non si viene considerati abbastanza, scatta subito la strategia per tornare visibili, quanto più possibile “prossimi” al centro di trends e condivisioni/commenti/visualizzazioni vari: individuare e mostrare (sempre) contrapposizioni e visioni/valori/prospettive (apparentemente) insanabili, e – sia chiaro – su qualsiasi tipo di tema e questione;

si avverte, puntualmente, l’obbligo di dire/scrivere qualcosa “contro”, e non perché ve ne siano elementi/indizi/prove o perché se ne sia davvero convinte/i; qualcosa che dev’essere sempre forte, d’impatto, possibilmente con tono aggressivo, paradossale, sempre creando e alimentando la polemica/le polemiche…e/o, comunque e in ogni caso, sempre generando piccole e/o grandi emozioni, il ‘segreto’ (noto a tutti) del “successo” – e di una certa ideologia e ideologizzazione del successo – nella vita e, in particolare, nei social.

Inoltre, possibilmente, l’obiettivo è/dev’essere anche quello di sminuire, talvolta denigrare, ridicolizzare il lavoro, gli studi e le ricerche, il pensiero e il modo/i modi di vivere/esistere/pensare degli Altri. Poi, magari, nei discorsi pubblici o nei loro studi (?), sono gli stessi che sottolineano, di frequente, l’importanza del dialogo e del comunicare, del pensiero critico e della filosofia (magari, anche quella, di venuta nel frattempo “filosofia digitale”… così come le “emozioni”… anch’esse “digitali” ormai), del rispettare chi non la pensa come noi. Gli stessi (non sono pochi) che si dichiarano sempre attenti e (quasi) delicati nei confronti di chi non la pensa come loro.

Insomma. Piacciono molto, a parole, il dissenso e il conflitto (elementi costitutivi, non soltanto del comunicare e del vivere insieme!), si “predica”, con grande abnegazione, la varietà, l’eterogeneità e il pluralismo delle opinioni; nei fatti, si “razzola” in direzioni opposte e/o antitetiche. E, come ripeto da tempi non sospetti, tali questioni non riguardano soltanto i media, la carta stampata o i social. Riguardano noi umani, i processi educativi e formativi, le culture organizzative e il modello di sviluppo, di conseguenza…la Società.

Ancora più curioso è che queste scelte, queste strategie sofisticate e questi atteggiamentistudiati e pianificati a tavolino affinché i consensi, i commenti, le condivisioni e la visibilità non vengano mai meno –  vengono portati avanti (talvolta, non sempre) anche da coloro che, oltre a fornire (ad avere) sempre “soluzioni”, a loro dire, efficienti e praticabili (?) per contrastare le polarizzazioni, le cd. fake news e, più in generale, la disinformazione, si occupano in vari ambiti e settori professionali e/o nello studio e nella ricerca ma, ancor di più, professano, si riconoscono in parole/concetti/valori/tensioni come etica, responsabilità, pluralismo, rispetto dell’Altro, democrazia etc. E se ne occupano, magari, facendo anche riferimento (opportunamente e, a questo punto, opportunisticamente) alla filosofia, alle scienze sociali, dell’educazione e della formazione o ad altri campi disciplinari di riferimento. Quindi, in teoria, almeno potenzialmente, con un livello di consapevolezza, di formazione epistemologica e metodologica, che dovrebbero essere (evidentemente) superiori rispetto a certe dinamiche e/o derive.

In realtà, il confronto realmente aperto, la coesistenza di punti di vista e di prospettive anche distanti e contraddittorie tra loro, per non parlare dell’approfondimento e del rigore, non soltanto logico-argomentativo ma anche metodologico, non trovano facilmente spazio e dignità di cittadinanza nella nuova sfera pubblica globale e sistemica (1996).

Anche, e soprattutto, perché si rivela/è fondamentale sempre alimentare certe dinamiche per non uscire dal “vortice della visibilità e del riconoscimento continuo” (cit.). Poi, tanto, ufficialmente, si procede attribuendo una colpa: e la “colpa” è e va sempre data, almeno nei social e online, agli algoritmi (creati, peraltro, come noto da umani). Fanno tutto loro…dicono. Anche in questo caso, devo ripetermi, a spingere in questa direzione sono, spesso, gli stessi che s’impegnano perché la “delega in bianco alla tecnologia/tecnologie” (così l’ho chiamata, 1995-1996 e sgg.) sia prassi sistemica e sistematica.

E così, si è e si va sempre alla ricerca della frase ad effetto, dell’argomentazione paradossale, dell’attacco ad personam o implicito/ipocrita; altrimenti, vecchia strategia, c’è sempre la possibilità di puntare tutto sul toccare le corde sensibilissime della emotività e della sensibilità. E poi, come sempre, innescato il meccanismo… tutti a dividersi e magari anche – già proprio così – insultarsi, nei commenti, nelle condivisioni, nei gruppi etc. L’importante è che “giri”, si commenti, anche in maniera negativa, e si sia pronti sempre a riscaldare un po’ gli animi, anche con apparente ironia e distacco.

In alcuni casi, pur di perseguire certi obiettivi attraverso certi espedienti e ‘strumenti’, si arriva perfino a riportare pezzi di brani virgolettatianche senza citarne gli Autori/le Autrici – già estrapolati da altri testi, strumentalizzati e modificati ad hoc, pur di attaccare qualcuno/qualcosa e, ancora una volta, alimentare le polemiche che, a loro volta, incentivano e nutrono la riproducibilità di commenti, condivisioni, likes, con l’obiettivo (centrale, principale) di delegittimare i destinatari, espliciti o impliciti, dei propri testi/articoli.

Sempre con l’obiettivo di richiamare, anche nel mondo della produzione intellettuale e scientifica (che dovrebbe avere ben altri obiettivi… e, ripeto, non è un problema dei social e/o della comunicazione digitale), contrapposizioni, scontri su più piani di azione, e di alimentare polemiche e scontri, apparentemente anche tra Scuole (?), di fatto, nel concreto, inesistenti (ndr. mi riferisco alle cd. Scuole di pensiero), che si configurano/diventano, quasi degli scontri di religione e/o di civiltà; scontri, comunque, tra frange ostili, tifoserie, guelfi e ghibellini, bianchi e neri etc. etc.

Attenzione: su questo punto meglio esser chiari. Il conflitto, la contraddizione, il confronto, la critica, la messa in discussione, perfino lo scontro etc. sono fondamentali a qualsiasi livello e in qualsiasi ambito educativo, lavorativo e professionale.

Il punto nodale della questione è, da sempre, con riferimento a tali dimensioni del comunicare e dell’essere, se si perseguano (anche) tali obiettivi con l’intento di confrontarsi (nel concreto), fornire strumenti e chiavi di lettura; con l’intento di dibattere, condividere, perfino diffondere, idee, concetti, teorie, visioni del mondo, studi e ricerche o se, al contrario, si operino certe scelte, producendo certi testi e/o argomentazioni/riflessioni soltanto con la finalità (mai dichiarata) di alimentare certe dinamiche, talvolta assurde e perverse, pur nella loro funzionalità ed efficacia.

In altre parole, ciò che critico, da sempre, in questi atteggiamenti, azioni, e comportamenti (radicalizzatisi ulteriormente con l’avvento dei social) è, oltre all’incoerenza profonda di cui sopra, la ricerca sempre strumentale, utilitaristica, molto interessata, del creare queste contrapposizioni per questioni di esclusiva visibilità, reputazione, immagine e/o presenza/presenzialismo nel dibattito pubblico, non soltanto mediatico e nei social.

Una visione fuorviante e ingannevole della comunicazione e del comunicare, che ha conseguenze ancor più significative qualora provassimo ad immaginare anche la democrazia come “organismo complesso di comunicazione” (cit. Dominici, 1998, 2003).

La dissimulazione* della comunicazione, del comunicare, e allo stesso tempo, la dissimulazione del nostro vivere insieme, della democrazia. Piano inclinato, molto inclinato… e non è questione di tempi recenti…

 

*concetto importante per alcune tradizioni filosofiche e di ricerca

#CitaregliAutori

Ricondivido vecchio saggio, qui per Il Sole 24 Ore (2014):

La vera sfida sta nel distinguere una comunicazione in grado di emanciparci, da una comunicazione fondata sulla dissimulazione tesa a sostenere una visione particolare, dove la dissimulazione nasce da un racconto presumibilmente veritiero o corretto ma che in realtà sottintende orientamenti ben definiti.

Karl O. Apel

Nella società dell’informazione viene a formarsi una sempre maggiore dipendenza dall’informazione e dalla comunicazione da parte degli individui e delle istituzioni; dipendenza divenuta necessaria al fine di potere operare efficacemente in quasi tutte le sfere di attività.

Denis McQuail

Torniamo a riflettere su questioni che ritengo fondamentali e che mi segnano da sempre – al di là della professione che svolgo e dei percorsi di ricerca sviluppati nel tempo – come persona e come cittadino che crede che educazione (non indottrinamento), cooperazione, civismo, interesse generale, etica, cittadinanza, siano valori imprescindibili per la coesione dei sistemi sociali e per il cammino verso una democrazia realmente matura e compiuta. Per abitare la (iper)complessità! (Dominici, 1995, 1998 e sgg.)

Rimettere la Persona al centro. Complessità, cultura e civiltà della Rete https://pierodominici.nova100.ilsole24ore.com/2014/04/27/rimettere-la-persona-al-centro-complessita-cultura-e-civilta-della-rete/?refresh_ce=1

 

Lunga e complessa la strada…le strade.

La società feudale del dominio e dell’arbitrio iper-normato**. Ancora sulla (vecchia) questione culturale https://pierodominici.nova100.ilsole24ore.com/2021/07/24/la-societa-feudale-del-dominio-e-dellarbitrio-iper-normato-ancora-sulla-vecchia-questione-culturale/

Il potere delle “etichette”. Le etichette del potere** https://pierodominici.nova100.ilsole24ore.com/2021/03/28/il-potere-delle-etichette-le-etichette-del-potere/

Cercando sempre la luce (riflessa)… https://pierodominici.nova100.ilsole24ore.com/2021/08/17/cercando-sempre-la-luce-riflessaumani-e-digitali/

Educare alla complessità per affrontare i dilemmi della società ipercomplessa

 – Piero Dominici, Generosità e riconoscimento ai tempi della Rete

https://pierodominici.nova100.ilsole24ore.com/2018/05/01/generosita-e-riconoscimento-ai-tempi-della-rete/

– Intervista/conversazione con Vita, Nella società ipercomplessa, la strategia è saltare le separazioni,  – 09/06/2017

– Piero Dominici, L’Umano, il tecnologico e gli ecosistemi interconnessi: la reclusione dei saperi e l’urgenza di educare e formare alla complessità, Il Sole 24 Ore – 11/10/2016

– Piero Dominici, Il grande equivoco. Ripensare l’educazione (#digitale) per la Società Ipercomplessa, Il Sole 24 Ore – 08/12/2016

-Intervista/conversazione con Huffington Post, La cultura della complessità come cultura della responsabilità, Huffington Post, 05/05/2017

– Piero Dominici, Educare alla complessità per un’etica della responsabilità: libertà e “valori” nella Società Interconnessa, Il Sole 24 Ore – 02/06/2015

– Piero Dominici, Il diritto alla filosofia per ripensare l’educazione, la cittadinanza e l’inclusione, Il Sole 24 Ore – 23/04/2017

– Piero Dominici, Innovazione e domanda di consapevolezza: la filosofia come “dispositivo” di risposta alla ipercomplessità, Il Sole 24 Ore – 14/03/2016

 

Altri percorsi….

Vite digitali…vite sociali. Ridotte a simulazione (1995) https://pierodominici.nova100.ilsole24ore.com/2020/12/23/vite-digitali-vite-sociali-ridotte-a-simulazione-1995/

Il Virus, gli anticorpi (sociali e culturali), le ragioni che ci tengono intorno al focolare.

https://pierodominici.nova100.ilsole24ore.com/2020/03/08/il-virus-gli-anticorpi-sociali-e-culturali-le-ragioni-che-ci-tengono-intorno-al-focolare/

L’emergenza più critica. Informazione e cultura della comunicazione nella “società dell’irresponsabilità” https://pierodominici.nova100.ilsole24ore.com/2020/03/02/lemergenza-piu-critica-informazione-e-cultura-della-comunicazione-nella-societa-dellirreponsabilita/

L’innovazione di un Paese è la sua cultura della responsabilità (cit.)

👉 https://pierodominici.nova100.ilsole24ore.com/2016/07/13/linnovazione-di-un-paese-e-la-sua-cultura-della-responsabilita/

La “questione culturale” e il problema della responsabilità: il ruolo strategico di scuola e istruzione. In cerca di “teste ben fatte”

https://pierodominici.nova100.ilsole24ore.com/2014/04/19/la-questione-culturale-e-il-problema-della-responsabilita-il-ruolo-strategico-di-scuola-e-istruzione-in-cerca-di-teste-ben-fatte/

👉 La cultura della complessità come cultura della responsabilità (def.) https://m.huffingtonpost.it/2017/05/04/al-festival-della-complessita-la-lezione-di-piero-dominici-il_a_22069135/?ec_carp=6961499919259718541

👉 https://gianfrancomarini.blogspot.com/2019/02/piero-dominici-la-cultura-della.html?m=1

 

“L’evoluzione complessa**: la civiltà tecnologica tra bisogno di #sicurezza e solidarietà della #paura**. #Libertà vs #sicurezza … condivido altro vecchio contributo che, a sua volta, recupera…

 https://pierodominici.nova100.ilsole24ore.com/2015/12/23/levoluzione-complessa-la-civilta-tecnologica-tra-bisogno-di-sicurezza-e-solidarieta-della-paura/

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Un approccio e percorsi di ricerca dal’95

#CitaregliAutori

– Abitare la complessità: tra riduzione e semplificazione https://mapsgroup.it/complessita-professor-dominici-parte2/ via #6Memes #MapsGroup

– A.A.A. cercansi manager della complessità http://www.businesspeople.it/Storie/Attualita/Manager-della-complessita-PIero-Dominicini-109480 intervista via #BusinessPeople

– Intervista concessa a VITA: “Nella società ipercomplessa, la strategia è saltare le separazioni” http://www.vita.it/it/interview/2017/06/09/nella-societa-ipercomplessa-la-strategia-e-saltare-le-separazioni/119/

– Intervista concessa all’Huffington Post: “La cultura della complessità come cultura della responsabilità” http://www.huffingtonpost.it/2017/05/04/al-festival-della-complessita-la-lezione-di-piero-dominici-il_a_22069135/

 

Tra le pubblicazioni scientifiche #PeerReviewed:

– Educating for the Future in the Age of Obsolescence** https://www.cadmusjournal.org/article/volume-4/issue-3/educating-for-the-future

**This article, was peer-reviewed and selected as one of the outstanding papers presented at the 2019 IEEE 18th International Conference on Cognitive Informatics & Cognitive Computing (ICCI*CC)

– For an inclusive innovation. Healing the fracture between the human and the technological in the hypercomplex societyhttps://link.springer.com/article/10.1007/s40309-017-0126-4

– Controversies on hypercomplexity and on education in the hypertechnological era: https://benjamins.com/catalog/cvs.15.11dom

 

Su tali temi e questioni sto lavorando e facendo ricerca anche con la World Academy of Art and Science e nell’ambito di altri progetti internazionali. Tra quelli più recenti, ricordo “COSY THINKING” (Progetto UE). Di seguito, il link: https://cosy.pixel-online.org/publications.php

Buon lavoro e buona ricerca a tutte/i!

Ps: Impegni e scadenze non mancano, ma ribadisco la mia disponibilità a lavorare su progetti di ricerca (nazionali e internazionali) relativi a tali tematiche.

Email: piero.dominici@unipg.it e dominici@worldacademy.org

 

Di seguito, alcuni contributi divulgativi:

 

#Research #Education #Complexity #Educazione #Complessità #Cittadinanza #Democrazia #SistemiComplessi #metodo #teorie #ricerca #epistemologia #ScienzeSociali #Filosofia

 

Importante cambi il clima culturale su certe questioni (vitali). Speriamo si scelgano anche altre direzioni e si pensi, finalmente, al “lungo periodo”. Lo dicono tutti, ora…lo dicono…come tutti si sono accorti della centralità strategica di istruzione, educazione, formazione, ricerca…speriamo bene…

Ripeto ogni volta: siamo sulle ben note “spalle dei giganti”, con problemi di vertigini e, tuttora, poco consapevoli della (iper)complessità del mutamento in atto e del “tipo” di scelte che questo richiede…

 

Ripensare l’educazione (1995 e sgg.). Cosa significa? Quali le implicazioni?

Come ripensare l’educazione nella civiltà globale e iperconnessa

In estrema sintesi: superando la dimensione superficiale e propagandistica degli slogans ad effetto, oltre che di certo storytelling, ripensare l’educazione significa  rimettere al centro la Persona (le nuove soggettività e il loro sistema di relazioni), l’umano, i vissuti, le emozioni –  andando oltre la “falsa dicotomia” che le contrappone al pensiero (Dominici, 1995, 1998 e sgg.); sì, proprio quelle emozioni che sono alla base della stessa razionalità; significa, allo stesso tempo, rimettere al centro l’immaginario/gli immaginari, l’immaginazione, la creatività, l’autenticità, la vita e il vitale, dimensioni complesse che non possono essere, in alcun modo, né ingabbiate/recluse  né tanto meno oggettivate in numeri e/o formule matematiche (pur sempre utili); ripensare l’educazione significa riportare/rilanciare l’educazione (senza aggettivi prima o dopo la parola) sempre nella prospettiva sistemica di un’educazione socio-emotiva che, in ogni caso, non ne esaurisce la complessità e l’ambivalenza; significa rilanciare  la filosofia, come pratica filosofica e di pensiero critico, e l’educazione al metodo scientifico (che è un “qualcosa” che caratterizza non soltanto le cd. scienze “esatte”), fin dai primissimi anni di scuola (1996); significa (ri)mettere al centro dei processi educativi e dei percorsi didattico-formativi l’arte, la poesia, le discipline creative (p.e. il teatro à empatia, la musica, il design etc.) e le cosiddette Digital Humanities.

Ripensare l’educazione significa aprire le istituzioni educative e formative, ridefinendone logiche e culture organizzative, ridefinendone logiche e funzioni degli spazi, dentro ecosistemi sempre più interconnessi e interdipendenti.

Ripensare l’educazione significa, in altri termini, “recuperare le dimensioni complesse della complessità educativa” (Dominici, 1995 e sgg.), sia a livello di scuola che di università (àsi pensi sempre alla formazione dei formatori e al lungo periodo).

Di fondamentale importanza riaffermare, una volta per tutte, la consapevolezza che il processo educativo non consiste soltanto nel portare a “sapere” ed a “saper fare”; l’educazione è un processo complesso, sistemico, incerto, imprevedibile fino in fondo, ambiguo, inarrestabile e dinamico. Stiamo correndo seriamente il rischio di svuotare di senso tutta la prassi educativa, alimentando e riproducendo un pensiero omologante e omologato.

https://www.agendadigitale.eu/cultura-digitale/ripensare-leducazione-nella-civilta-iperconnessa-cosa-significa/

 

La vita (e la comunicazione) ridotta a strategia…tra complessità e riduzionismi

La comunicazione, e la sua complessità, ridotta a regole e tecniche…La vita (sociale, relazionale) ridotta a strategia…La vita, e non soltanto la comunicazione, ridotte alla capacità e all’abilità di gestire la nostra visibilità, di gestire una vita fatta di tanti piccoli attimi che, all’improvviso, possono diventare eventi ma anche “spaccati” di vissuti e di noi stessi e delle persone a noi care/vicine. Spesso proprio quelli che (soltanto ora) parlano/scrivono/si sono accorti dell’importanza di #educazione, #PensieroCritico, #complessità, #comunicazione e della centralità della #Personahanno ridotto proprio la relazione con l’Altro e la stessa comunicazione, a qualsiasi livello e in qualsiasi ambito, esclusivamente a #strategia (i “comportamenti” nei social sono davvero emblematici di ciò che avviene da sempre e ben evidenziano ciò che sostengo da anni), a #marketing, ad un insieme di #regole e linee guida che, di fatto, pur semplificando/agevolando/facilitando (almeno in apparenza), ne svuotano il senso complessivo e la complessità stessa.

Un approccio (?) perfettamente calato, nel tempo, dentro i processi educativi e formativi. Da questo punto di vista, fate caso a come tutti, attualmente, parlino e scrivano di complessità salvo poi scegliere le tradizionali vie della semplificazione confusa con banalizzazione e la facilitazione che esclude invece di includere, per non parlare delle altrettanto tradizionali spiegazioni riduzionistiche e e deterministiche. Come detto, un’impostazione ed una visione calate anche nei processi educativi e di costruzione della Persona: rendere tutto semplice/facile/banale e, possibilmente, trarre sempre il massimo dalla relazione con l’Altro, cercare sempre l’utile, il ritorno, cercare sempre il vantaggio, partendo sempre dalla convinzione di essere dalla parte giusta.

Ripeto ogni volta: il confine tra educazione/formazione e indottrinamento / persuasione / manipolazione è sempre più sottile. E, come ripeto da tempi non sospetti, c’è una questione profonda di “cultura della comunicazione”.

Dinamiche e processi sociali hanno nella loro varietà, nella pluralità ed eterogeneità, nell’imprevedibilità e nell’ambivalenza, la loro ricchezza e il senso più profondo. Ma quale dialogo (tutti ne parlano ma il dialogo è “roba” impegnativa e non pura convivialità), ma quale incontro/confronto/conflitto con l’Altro, ma quale relazione, ma quale “centralità della Persona” se, appunto, tutto è ridotto/ricondotto a strategia, obiettivi precisi e specifici, regole e schemi presentati come assoluti e universalmente validi, se tutto è ridotto esclusivamente al problema dell’efficacia, della visibilità, del convincere e/o, magari, strumentalizzare l’Altro (magari in maniera gentile e non arrogante…).

La vita e la comunicazione (complessità, relazione, mediazione del conflitto, esaltazione della contraddizione e del pluralismo à democrazia) con l’Altro, ancora una volta, ridotte a strategia, a tecnica/insieme di tecniche” della comunicazione e della persuasione…

L’Altro, ancora una volta, identificato con l’utilità e l’interesseQuestione culturale ed educativa e, forse, dovremmo smetterla di scaricare, come sempre, la responsabilità su media e social...Le questioni sono molto più profonde e complesse, nonostante ci rassicuri molto ricorrere a certe spiegazioni.

 

Sempre sulle questioni legate alla complessità, condivido voce/saggio pubblicato per Treccani:

– La complessità della complessità e l’errore degli errori (cit.) http://www.treccani.it/magazine/lingua_italiana/speciali/digitale/5_Dominici.html

– E un contributo per Il Sole 24 Ore: Educare alla complessità…perché “Democrazia è complessità” (1995): https://pierodominici.nova100.ilsole24ore.com/2018/06/03/educare-alla-complessitaperche-democrazia-e-complessita-1995/

Un approccio e percorsi di ricerca dal’95.

#CitaregliAutori

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N.B. Condividete e riutilizzate pure i contenuti pubblicati ma, cortesemente, citate sempre gli Autori e le Fonti anche quando si usano categorie concettuali e relative definizioni operative. Condividiamo la conoscenza e le informazioni, ma proviamo ad interrompere il circuito non virtuoso e scorretto del “copia e incolla”, alimentato da coloro che sanno soltanto “usare” il lavoro altrui. Le citazioni si fanno, in primo luogo, per correttezza e, in secondo luogo, perché il nostro lavoro (la nostra produzione intellettuale e la nostra attività di ricerca) è sempre il risultato del lavoro di tante “persone” che, come NOI, studiano e fanno ricerca, aiutandoci anche ad essere creativi e originali, orientando le nostre ipotesi di lavoro.

I testi che condivido sono il frutto di lavoro (passione!) e ricerche e, come avrete notato, sono sempre ricchi di citazioni. Continuo a registrare, con rammarico e una certa perplessità, come tale modo di procedere, che dovrebbe caratterizzare tutta la produzione intellettuale (non soltanto quella scientifica e/o accademica), sia sempre meno praticata e frequente in molti Autori e studiosi.

Dico sempre: il valore della condivisione supera l’amarezza delle tante scorrettezze ricevute in questi anni. Nei contributi che propongo ci sono i concetti, gli studi, gli argomenti di ricerche che conduco da vent’anni: il valore della condivisione diviene anche un rischio, ma occorre essere coerenti con i valori in cui si crede.

Buona riflessione e buona ricerca!

 

Immagine:
opera di Banksy